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Sezione: DONNE
12 giugno 2008

EUROPA NEMICA DELLE DONNE ?

In questi giorni si sta teorizzando la dilatazione dell'orario di lavoro - levatrice l'Europa, che prevede che si possa arrivare a lavorare fino a 65 ore settimanali, ed entusiasta il governo italiano!

In Italia, grazie alla detassazione degli straordinari, diventa interessante stare di più in fabbrica, negli uffici, nei luoghi di lavoro...
Oltre alle considerazioni che il sindacato ha già fatto sul nesso orari/sicurezza, sull'infondatezza dell'assunto: più ore lavorate uguale migliore produttività, sulle misure più utili a sostenere i redditi da lavoro (un intervento mirato sul fisco, per esempio), come Coordinamento donne proponiamo un'altra riflessione.

Già oggi molti orari di lavoro (soprattutto nel terziario) sono corse ad ostacoli per le lavoratrici. Già oggi esse rinunciano alla maternità a causa di questo, oppure rinunciano al lavoro (in Italia l'occupazione femminile è tra le più basse in Europa).
Già oggi i differenziali salariali tra uomini e donne, a parità di prestazioni, vanno dal 15% al 20% a seconda dei settori.
Già oggi la condivisione del lavoro familiare e di cura tra partner è poco praticata soprattutto in Italia.
Se tutto questo è vero, cosa può accadere alle donne, alle famiglie con orari di lavoro individuali che possono raggiungere le 60/65 ore settimanali (ovvero oltre 10 ore al giorno per sei giorni, per esempio)?
Con orari così dilatati i fabbisogni di personale verranno risolti sbarrando la strada a nuove assunzioni. L'indisponibilità o l'impossibilità personale a garantire un tale nastro orario sarà elemento discriminante nella scelta tra uomini e donne, e si sa che queste ultime hanno più difficoltà a garantire orari lunghi.
La conciliazione tra orari di lavoro e vita familiare sarà messa a durissima prova, ma anche la qualità delle relazioni sociali e familiari non potrà non risentire di un affaticamento psichico e fisico derivante da tale quantità di lavoro.
A ciò si aggiunga la pretesa di trasformare la domenica in un giorno di lavoro normale anche per servizi non essenziali ed urgenti, come sono per esempio quelli dei negozi?
Si parla molto di famiglia, ma si stanno creando davvero le condizioni per lacerazioni sociali gravissime, che avranno ricadute pesanti sulle nostre comunità in termini di solitudini, disagio, aggressività. Molti segni si vedono già, anche nei nostri paesi: non li vedono gli economisti, i politici, Confindustria (che plaude all'aumento dell'orario), Confcommercio (che plaude alla normalizzazione delle festività).
Come si può scindere il successo economico di un paese (o la sua ipotetica produttività di sistema) dal benessere dei suoi cittadini, dei suoi bambini, dei suoi giovani? E' una cecità che farà male a tutti, poichè noi siamo e abbiamo al nostro fianco giovani, bambini, cittadini.
Oppure il disegno è un altro e antico? Gli uomini si dedichino anima e corpo al lavoro e alle donne si ri-assegni un prevalente lavoro di cura familiare, accompagnato magari da bonus bebè.
Oppure si destinino ad esse contratti a part-time a vita e di fatto obbligatori, come integrazione al reddito familiare (perché a part-time, si sa, non si fa carriera).
In entrambi i casi la strada è sbagliata. E' una via facile e di corto respiro questa che l'Europa sta intraprendendo per confrontarsi nell'arena della competizione internazionale.
Competizione che c'è, è vera, è rischiosa, ma che abbisogna di un' altro ed alto pensiero e che, soprattutto, non può essere pagata così duramente dai lavoratori e dalle lavoratrici. Impressiona come la spinta egualitaria e solidale che aveva caratterizzato la modernità politica ed europea fin dalla sua origine stia allegramente invertendo la rotta e le differenze di opportunità tra cittadini si stiano accentuando anziché assottigliando!
Nessuno ha qualcosa da ri-dire insime a noi?

Coordinamento donne CGIL Vicenza


Vicenza, 12 giugno 2008

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